La momentanea interruzione dell’importazione del gas proveniente dalla Siberia in seguito all’esplosione del 12 dicembre ha rimesso al centro la questione energetica italiana.
Da un lato si fa leva sulla dipendenza dell’Italia dalla Russia per gli approvvigionamenti di gas e sulla necessità di una diversificazione, dall’altro sui pericoli ambientali che la costruzione di un gasdotto potrebbe comportare.
Ma cosa è successo in Austria?
E da dove proviene il gas che oggi utilizziamo nelle nostre case e nelle industrie?
E davvero un’interruzione del flusso di metano protratta per più giorni ci avrebbe messo in grave difficoltà?
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1. L’esplosione in Austria
Un problema tecnico ha causato un’esplosione che ha compromesso la centrale di Baumgarten.
L’esplosione ha innescato un incendio che ha danneggiato il gasdotto.
Un incendio contenuto che però ha causato danni significativi all’impianto.
Bilancio del disastro: 1 morto e 21 feriti.
E poi l’interruzione del transito di gas proveniente dalla Siberia e diretto verso sud e sud-est.
Precisamente, a rimanere sospesa è stata l’operatività del gasdotto che congiunge la centrale di Baumgarten alla Rete Nazionale Italiana passando per l’Austria e giungendo all’ingresso di Tarvisio.
L’esplosione è avvenuta la mattina del 12 dicembre, alle 8,45.
La parte interessata è il tratto di rete ad est di Vienna, al confine con la Slovacchia.
A seguito dell’accaduto, il Ministro dello Sviluppo Economico ha dichiarato lo Stato di Emergenza, come da normativa.
I tecnici, subito all’opera, hanno ripristinato il transito di gas già in serata.
2. L’impianto di Baumgarten
È il cuore di una rete di gasdotti che servono il gas a:
- Germania
- Francia
- Europa dell’Est
- Italia
- Slovenia
- Croazia.
Perciò costituisce uno dei più importanti snodi di distribuzione di metano proveniente da Russia e Norvegia.
Appartiene alla Central European Gas Hub.
Lo gestisce la Gas Connect Austria.
Ha una capacità di 40 miliardi di mc di gas.
Per Baumgarten transita:
- il 10% della domanda europea di gas;
- il 30% della domanda italiana: si tratta di 107 milioni di mc su 224 milioni complessivi.
La centrale è operativa dal 1959.
3. Gli effetti dell’esplosione in Italia
L’esplosione ha causato il blocco del flusso di gas verso l’Italia.
Ha messo a rischio gli approvvigionamenti della Russia e della Norvegia.
Dalla centrale di Baumgarten si immette in Italia la maggior parte del gas importato.
Nel 2016 la rotta confluente a Tarvisio ha introdotto 28,2 mld di mc di gas su una domanda totale di 70,5 mld di mc.
Il blocco ha portato il prezzo del gas a 44,50 € per MW/h.
Ciò equivale ad un’innalzamento dell’87%.
Anche il prezzo del metano scambiato sul mercato britannico ha risentito dell’accaduto.
Si è innalzato del 32% arrivando al livello più alto dal 2013.
L’accaduto ha indotto il Ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda a dichiarare lo stato di emergenza.
Lo dichiarazione dello stato di emergenza è una misura automatica adottata in presenza di un pericolo che minaccia una nazione.
Scatta anche quando si ha un’interruzione , pur breve, di una linea di rifornimento.
4. Gli effetti di un’interruzione prolungata
In Italia si sono avute dei problemi nel 2006, nel 2007 e nel 2009.
Fummo vicino alla crisi a causa della questione ucraina e del braccio di ferro con Putin.
Un’interruzione protratta del flusso di gas avrebbe costituito una crisi importante.
Provvedimenti messi in atto in caso di tali crisi sono:
- la massimizzazione della produzione nazionale;
- la massimizzazione di altri import;
- la spinta sugli stoccaggi;
- la messa in funzione di vecchi impianti;
- l’abbassamento temporaneo delle temperature;
- il distacco di qualche utenza industriale.
5. Le dichiarazioni di Calenda e di De Scalzi
Il Ministro Carlo Calenda ha rimarcato come l’Italia sia fortemente dipendente dalla Russia per gli approvvigionamenti di metano.
Il blocco ha posto un problema grave di forniture.
Soprattutto ha ribadito l’importanza di una diversificazione energetica, come il TAP.
“Se avessimo il TAP non dovremmo dichiarare lo stato di emergenza”.
L’Amministratore Delegato dell’ENI Claudio De Scalzi ha previsto un aumento generalizzato dei prezzi.
Ha spiegato che il gas proveniente dall’Austria copre il 30% del fabbisogno nazionale.
E di questo 30% l’ENI copre l’80%.
6. Da dove proviene il gas in Italia
La maggior parte del gas che si utilizza in Italia proviene da 4 rotte di approvvigionamento internazionale:
- Russia
- Algeria
- Libia
- Nord Europa
Più precisamente ci sono 5 punti di entrata relativi a punti di interconnessione con i metanodotti esteri di importazione.
Si trovano in prossimità di:
- Tarvisio
- Mazara del Vallo
- Passo Gries
- Gela
- Gorizia
Sono i punti di entrata del gas proveniente:
- dall’Austria (Tarvisio);
- dall’Algeria (Mazara del Vallo);
- dall’Olanda (Passo del Gries)
- dalla Libia (Gela)
- dalla Slovenia (Gorizia)
Poi ci sono 3 punti di entrata relativi ai punti di interconnessione con gli impianti di rigassificazione.
Si trovano in prossimità di:
- Livorno
- Cavarzere
- Panigaglia
Sono i rigassificatori:
- Olt di Livorno;
- di Porto Levante in Adriatico;
- Snam di Panigaglia La Spezia.
Sono 3 rigassificatori e distributori di GNL.
Un rigassificatore è un impianto che ha il compito di riportare il GNL dallo stato liquido allo stato gassoso per introdurlo nella Rete Nazionale di Gas.
Il GNL è il gas naturale liquefatto.
È un combustibile alternativo che si usa in quelle località che la Rete Nazionale di Gas non copre con il gas metano.
Non si utilizza per le abitazioni civili.
Si impiega invece per utenze industriali che usano per il loro processo produttivo elevati quantitativi di gas.
Occupa un volume 600 volte minore rispetto alla forma gassosa standard.
È composto da:
- metano (per il 90% ma anche fino al 99%);
- butano, propano, etano (per la piccola parte rimanente).
Il GNL è:
- inodore;
- trasparente;
- non corrosivo;
- non tossico;
- a basse emissioni di anidride carbonica;
- ad emissioni nulle di particolato;
- a basso impatto ambientale.
A questi si aggiungono 2 punti di entrata dai siti di stoccaggio di:
- Edison Stoccaggio spa
- Stoccaggi Gas Italia spa.
Ed infine 53 punti di entrata dai:
- principali campi di produzione nazionale;
- loro centri di raccolta e trattamento.
I metri cubi di gas importati attraverso questi sbocchi da gennaio ad ottobre 2017 sono stati:
- Tarvisio : 24526 miliardi
- Mazara del Vallo : 14825 mld
- Passo Gries: 6432 mld
- Gela: 3867 mld
- Gorizia: 3 mld
- Livorno: 865 mld
- Cavarzere: 5903 mld
- Panigaglia: 632 mld
- Altri : 111 mld
7. Il TAP
Il TAP è il gasdotto Trans-Adriatico che immetterà in Italia il metano proveniente dall’Azerbaigian, nel Mar Caspio.
L’Unione Europea lo ritiene un’opera fondamentale perché apre il corridoio sud del gas ed aumenta in questo modo la sicurezza energetica.
Il corridoio energetico:
- parte dal confine tra Turchia e Grecia, dove si collega al Tanap;
- attraversa 800 km tra Grecia, Albania ed Italia, di cui circa 100 km nell’Adriatico;
- approda nell’area di Melendugno, sulle coste salentine percorrendo:
- 25 km sotto il mare;
- 8 km sulla terraferma.
Il Tanap è il Trans Anatolian Pipeline.
È il gasdotto che dal giacimento di Azerbaijan giunge in Europa attraverso Georgia e Turchia.
8. I “perché no” degli oppositori al TAP
Le dichiarazioni del Ministro Calenda e le pressioni dei sostenitori del TAP hanno riacceso il dibattito attorno alla necessità di servirsi del gasdotto.
Non sono mancati scontri tra forze dell’Ordine e manifestanti “No TAP”.
Lo scorso 8 dicembre questi ultimi hanno provato a raggiungere la sede del TAP a Lecce.
Paolo Agnelli, Presidente di Confimi Industria, ha dichiarato tale atteggiamento non “rispetto per la natura” ma “un ambientalismo malsano che già in passato ha causato diverse chiusure aziendali”.
Sindaci salentini, ambientalisti ed intellettuali si oppongono fermamente al progetto.
Diverse le ragioni da loro impugnate.
- Il gasdotto richiede l’espianto di 1900 piante di ulivi.
Si tratta delle piante presenti sul tracciato della condotta.
Il Governatore della Puglia Michele Emiliano ha anche presentato denuncia alla Procura della Repubblica per impedire l’abbattimento.
- Il megaprogetto non è strategico in realtà.
È quanto sostenuto dal Gruppo di Ricerca dell’Università di Oxford.
I ricercatori hanno manifestato la loro perplessità sulle effettive riserve di gas del giacimento di Azerbaijan.
Inoltre lo scorso 7 maggio sono iniziati i lavori di costruzione del Turkish Stream.
Il Turkish Stream è il gasdotto che porterà gas russo in Turchia.
Il gas importato sarà poi venduto ad Istanbul e al mercato europeo.
Il progetto prevede la costruzione di 2 rami:
– uno per il flusso di gas verso l’Europa sud-orientale e meridionale;
– l’altro per il transito di gas verso la Turchia.
Al momento la Gazprom ha già posato tubi per più di 600 km lungo i 2 rami.
La Gazprom è la società russa che controlla le forniture di gas per l’Europa.
È la maggiore società russa e la terza compagnia al mondo.
La sua rete di condutture è lunga 158200 km.
Controlla il 18% delle riserve mondiali di gas note.
È proprietaria della squadra di calcio FC Zenit san Pietroburgo ed è sponsor dell’UEFA Champions League e dei club Chealsea FC e Shalke 04.
- L’opera va a sostenere governi autoritari.
La Turchia e l’Azerbaijan sono 2 paesi sedi di dittatura e repressioni.
Gli oppositori sono perplessi riguardo a come:
–condurre e controllare in modo indipendente l’andamento del progetto;
– saranno gestiti gli appalti ed i finanziamenti pubblici concessi dall’Europa.
- Il progetto è stato imposto alle comunità locali.
Il tracciato del gasdotto è lungo 870 km.
Le famiglie viventi in quest’area non sono state avvisate dei danni che subiranno a causa del passaggio del tubo.
Convivranno con centrali di pressurizzazione e depressurizzazione, impianti industriali invasivi e ad alto rischio.
- Non c’è reale bisogno.
I “No-Tap” auspicano e prevedono un calo del consumo di gas.
Ciò come conseguenza della riduzione dell’uso di combustibili solidi.
L’accaduto mostra come tali infrastrutture possano rivelarsi pericolose.
E mostrano anche quanto sia fragile un sistema energetico che si poggia su fonti fossili.
La soluzione sarebbe non la conclamata diversificazione ma il ricorso alle fonti rinnovabili.