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Dal 2018 IVA al 25%: ma come ci siamo arrivati?

iva al 25 

 

Dal 1° gennaio 2018 l’IVA aumenterà al 25%. Ma come si è giunti a tale punto? Tali aumenti produrranno realmente gli effetti voluti?

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1. Le aliquote IVA: una panoramica

L’IVA (Imposta sul Valore Aggiunto) è un’imposta indiretta che grava sui consumi.

Colpisce la cessione di beni e la prestazione di servizi.

Si applica sull’incremento di valore che un prodotto acquisisce ad ogni passaggio della produzione: dai primi passi fino alla consegna al cliente finale.

Il valore aggiunto è proprio tale incremento di valore.

Per valore aggiunto si intende la differenza tra il prezzo di vendita del prodotto finale ed il costo dei fattori produttivi di capitale e di lavoro sostenuto dall’impresa ad ogni fase della produzione.

Grava completamente sui consumatori finali, senza alcuna distinzione.

Il consumatore la paga nel momento in cui acquista un bene o riceve un servizio.

È stata introdotta dal DPR 633 del 26/10/72 come aliquota ordinaria fissata al 12%, poi disciplinata da direttive successive.

È in vigore dal 1973.

Ha sostituito l’IGE (Imposta Generale sulle Entrate) con lo scopo di armonizzare il nostro sistema tributario con quello dei Paesi Comunitari.

Sono 68 gli Stati ad adottarla.

Restano delle differenze tra le aliquote di imposta applicate nei diversi paesi.

Il suo ammontare è indipendente dal numero di step che il prodotto attraversa nel processo di produzione e distribuzione al cliente finale.

È proporzionale al prezzo del bene e dipende dall’aliquota di riferimento.

In Italia abbiamo 3 aliquote IVA:

  1. l’aliquota minima al 4%
  2. l’aliquota ridotta al 10%
  3. l’aliquota ordinaria al 22%.

L’aliquota minima grava sui prodotti di prima necessità, sui servizi di utilità sociale, sulle prestazioni sanitarie.

L’aliquota ridotta è applicata a determinati prodotti alimentari, ai servizi turistici (bar, ristoranti, alberghi…). È riservata alle imprese edili per particolari operazioni di recupero edilizio su impianti di depurazione o fognatura, per la disostruzione dei sifoni e lo smaltimento dei residui.

L’IVA ordinaria colpisce tutti i beni e servizi non compresi nelle altre due categorie.

2. Gli aumenti delle aliquote IVA: provvedimenti e rinvii

L’aliquota ordinaria ammonta al 22% dal luglio 2013.

Introdotta nel 1973, in 40 anni ha visto un incremento di 10 punti percentuali: dal 12% iniziale al 22% dell’ultimo aumento avvenuto nel 2013.

L’ultimo rialzo è stato il 7° nella storia dell’imposta ed è stato fatto dal DDL di Stabilità.

La legge 190/2014, o Legge di Stabilità 2015, aveva previsto a decorrere dal 01/01/2016:

  • l’aumento dell’aliquota ordinaria;
  • l’aumento dell’aliquota ridotta.

La Legge di Stabilità 2016 aveva previsto invece l’annullamento dell’incremento delle aliquote IVA.

Ciò non è stato poi possibile per insufficienza di risorse.

Il testo definitivo della Legge di Stabilità ha allora rinviato l’aumento delle aliquote IVA al 01/01/2017.

La Legge di Bilancio 2017 ha rinviato a sua volta tale aumento al 2018 e al 2019 con la speranza di:

  • trovare risorse sufficienti;
  • annullare definitivamente le clausole di salvaguardia.

Ha previsto:

  • l’incremento dell’IVA ordinaria al 25% dal 01/01/2018 con un aumento di 3 punti percentuali;
  • l’incremento dell’IVA ordinaria al 25,9% dal 01/01/2019 con un ulteriore dello 0.9%;
  • l’incremento dell’IVA ridotta al 13% dal 01/01/2018.

3. La Manovra Correttiva

La Manovra Correttiva rimodula gli aumenti delle aliquote IVA previsti per il triennio 2018-2020.

Quest’estate si è concluso il percorso parlamentare che ha convertito in legge il DL 50/2017.

L’art. 9 del DL ha dimezzato l’aumento dell’aliquota ridotta previsto dalle clausole di salvaguardia della Manovra di Bilancio 2015.

La formulazione della Manovra bis interviene come segue.

L’aliquota IVA ordinaria:

  • aumenta al 25% dal 01/01/2018;
  • giunge al 25,4% dal 01/01/2019;
  • torna al 24,9% dal 2020;
  • si stabilisce al 25% al 2021.

L’aliquota IVA ridotta:

  • aumenta all’11,5% dal 01/01/2018 (al posto che al 13%);
  • giunge al 12% nel 2019;
  • si assesta al 13% nel 2020.

Il DEF prevede l’annullamento definitivo delle clausole di salvaguardia.

Il DEF (Documento di Economia e Finanza) è lo strumento principale con cui in Italia si programmano l’economia e la finanza pubblica.

Il DEF:

  • delinea gli scopi a cui mira il Bilancio dello Stato pluriennale;
  • delimita l’ambito entro cui costruire il Bilancio annuale.

Il Ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha anticipato che la prossima Legge di Bilancio includerà una misura alternativa alla clausola di salvaguardia.

Tale alternativa escluderà definitivamente l’aumento delle aliquote IVA in caso di scostamento di bilancio.

4. Le Clausole di salvaguardia: cosa sono?

Le clausole di salvaguardia sono una sorta di “exit-strategy” a cui ricorre il Governo se non riesce a trovare la liquidità prevista e qualora i tagli non dovessero risultare sufficienti.

Si tratta di un meccanismo di apparente salvaguardia dei conti pubblici nazionali.

Mettono al sicuro le manovre finanziarie dalle conseguenze di eventuali errori di valutazione.

Mediante le clausole di salvaguardia il Governo Italiano si vincola al raggiungimento dei target fiscali imposti dalla Commissione Europea.

Tali clausole fanno scattare automaticamente dei rialzi di tasse nel momento in cui i tagli alle spese o le entrate complessive reperite entro una certa scadenza non riescano a soddisfare gli obiettivi di bilancio di medio termine.

Tali rialzi si applicherebbero su spese certe:

  • sul pane;
  • sul carburante;
  • sull’IVA.

5. Gli effetti dell’aumento dell’IVA

Lo scatto delle clausole di salvaguardia poste dai governi precedenti tengono in apprensione gli italiani.

L’aumento dell’IVA determina un incremento dei prezzi e questo può comportare a sua volta una forte riduzione dei consumi.

La Confesercenti e la Confartigianato hanno previsto che il calo di consumi che si avrebbe a seguito di tali aumenti comporterebbe una perdita di 8 miliardi.

Le famiglie sarebbero le prime a subire gli effetti negativi.

Infatti l’operazione si tradurrebbe in una maxistangata di 791 € all’anno per ogni famiglia.

Uno studio condotto da Codacons ha rilevato che alla maxistangata non corrisponderebbero delle entrate dirette per lo Stato.

A fronte di tale rialzo dei prezzi, i consumatori reagirebbero consumando di meno.

Ecco allora che la misura dello Stato si rivelerebbe dannosa ed inadeguata.